Abrakadabra

Abrakadabra Antonio Ghislanzoni


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Antonio Ghislanzoni fu uno scrittore arguto, buono, squisitamente italiano: fu poeta nella vita e nelle opere così come giustamente è scolpito sul piccolo monumento, che amici e ammiratori, gli eressero nella sua Lecco, cinque mesi dopo la morte. Nel capoluogo del teatro manzoniano, nella ridente cittadina lariana, che deve la sua fama all'autore dei Promessi Sposi e la sua ricchezza all'instancabile febbre di lavoro, Antonio Ghislanzoni nasceva cento anni or sono, al 25 di novembre. In quello stesso 1824, Lecco aveva dati i natali ad un altro suo figlio insigne, l'abate geologo, Antonio Stoppani. Il padre, dottor fisico Giovanni Battista, avrebbe voluto fare dell'Antonio un continuatore della severa e delicata sua professione, e con questo intento, lo aveva ovviato agli studi classici, indi alle discipline mediche all'Università di Pavia. Il giovane non era stoffa da Esculapio; in quei tempi egli si sentiva attratto irresistibilmente all'arte lirica. E dalla antica città degli studi, egli spiccava infatti il volo per i teatri d'Italia e dell'Estero, interpretando con la sua bella voce baritonale - così chiara e sicura nel canto, in lui ch'era balbuziente al massimo grado nella conversazione normale - le creazioni di Donizetti, di Bellini e di Rossini. Della sua avventurosa vita di cantante, egli medesimo ha scritto briosamente in parecchie occasioni, e specialmente nelle Memorie politiche di un baritono e In chiave di baritono, anche per rettificare inesatte dicerie che si sparsero sul suo conto, e che furono raccolte da biografi faciloni, i quali mettevano il Ghislanzoni in luce di eterno burlone, e di sfrenato gaudente, anziché in quella giusta e simpatica di uno dei più puri e geniali componenti la scapigliatura artistica e letteraria, che fiorì in Milano nella seconda metà del secolo scorso, e che tanto raggio d'intellettualità fece rifulgere sulla metropoli lombarda. Invero, anche sfrondata da tutte le leggende, la vita di Antonio Ghislanzoni, cantante e scrittore, costituisce una ricca collana di episodi brillanti, così come brillante e piacevole furono il suo carattere e il suo stile. Fu chiamato il Paul de Kok italiano, fa chiamato anche, per i suoi innumerevoli e salaci epigrammi, il moderno Marziale. Agli antichi trionfi di teatro, egli, però non teneva molto. Anzi...! Ripensando a quei tempi - scrisse infatti - mi avviene spesso di meravigliarmi della spensierata gaiezza, che io mettevo nel rappresentare al cospetto del pubblico i personaggi del marchese di Bois Fleury, di dott. Malatesta, di Dulcamara, di Figaro e di don Basilio. Fatto è che una volta slanciato sul palcoscenico io m'investiva siffattamente dell'umorismo musicale di Donizetti e di Rossini da riuscire un attore comico esilarante e inappuntabile. E questo dico senza ombra di orgoglio; poiché ai miei successi di istrione io ci tengo pochissimo, e quasi mi vergogno di ricordarli. Però amava intrattenersi su quella che fu la parte aneddotica di quei lontani tempi giovanili. Molto opportunamente l'amico Matarelli ha voluto, con doveroso e affettuoso pensiero di omaggio, nell'occasione del centenario della nascita del geniale artista lombardo, toglier dall'ingiusto oblio, questa Abrakadabra, che è la dimostrazione di una fantasia fervidissima, e che ha preceduto di molti anni la fortunata opera di Bellamy.

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João gregorio
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25/08/2021 13:17:54

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