Le montagne ghiacciate di Kolyma

Le montagne ghiacciate di Kolyma Lionel Davidson


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Le montagne ghiacciate di Kolyma





Nel 2014, la prestigiosa casa editrice Faber & Faber ripubblica Kolymsky Heights, il romanzo di spionaggio che Lionel Davidson scrisse nel 1994. Il successo, a distanza di vent'anni, è immediato e rivela al mondo uno scrittore. È stato detto che Le montagne ghiacciate di Kolyma è un capolavoro, il miglior thriller mai scritto (Pullman), ma perché? Per il suo impianto classico innanzitutto. Uno scienziato morente, imprigionato in un laboratorio sovietico perduto in un'immensa e desolatissima Siberia, fa pervenire un disperato messaggio in codice a Johnny Porter, indigeno canadese del popolo Gitskan, erudito, scienziato e profondo conoscitore dei dialetti siberiani: lo supplica di raggiungerlo in segreto, a tutti i costi, lui, lui solo. E Porter, agente dei servizi segreti americani, accetta la sfida; compie un viaggio impensabile, rischia la vita per un segreto cifrato e poi tenta la più grande fuga di tutti i tempi, quasi impossibile. Andata e ritorno perciò, non diversamente da tanti altri romanzi. Ma pochi sono gli scrittori che, come Davidson, riescono a incastrare i dettagli nella storia con tanta intelligenza, passione e necessità. Basta leggere di come Porter riesce a infiltrarsi su una nave giapponese sostituendosi a un marinaio coreano - la sua bravura nel parlare esattamente quel particolare dialetto coreano, la sua capacità di imparare a memoria le mappe della nave, come si sostituisce in modo perfettamente plausibile, invisibilmente, al marinaio di cui prende il posto e di come, infine, si procura i documenti e i falsi permessi senza lasciare tracce, senza che nessuno si accorga di nulla... E ancora - episodio destinato a rimanere celebre nella letteratura di spionaggio -di come Porter si procura il mezzo per percorrere le migliaia di chilometri della fuga. Una jeep che si costruisce da solo in una caverna di ghiaccio a 50 gradi sotto zero, nella desertica regione di Kolyma, lavorando giorno e notte e rischiando di morire di fame, avvitando ogni singolo pezzo e bullone con tale perizia ingegneristica che ci si domanda se davvero Davidson non abbia prima provato a costruire quella jeep nel suo garage e soltanto in seguito, verificata la possibilità reale, abbia deciso di metterla nel suo libro. E poi il paesaggio, impressionante per come si presenta agli occhi e ai sensi del lettore, un inferno di ghiaccio eterno nelle notti senza fine della Siberia. E poi le figure femminili, indimenticabili per la loro tenerezza e, certe volte, per la loro spudoratezza. E ancora la paura, il coraggio, l'ambientazione selvaggia, l'intreccio romanzesco, i dialoghi sofisticati, le invenzioni narrative. Imperdibile, parola di Robert Harris.

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João gregorio
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01/01/2020 13:06:22

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