A differenza di quasi tutti i paesi europei, lItalia ha chiesto il massimo delle somme del programma NextGenerationEU. Per 6,5 euro su 10 si tratta di prestiti. Benché concessi a tassi agevolati, andranno restituiti. La scommessa su cui si regge questa scelta è che il Pnrr aumenterà per sempre il tasso di crescita delleconomia italiana. È una scommessa condivisa da tre governi: il governo Conte II ha chiesto il massimo dei fondi senza sapere bene come spenderli; il governo Draghi, pur avendo la possibilità e il capitale politico per frenare il treno in corsa, ha rinunciato a prendere atto della realtà; il governo Meloni ha fatto alcuni aggiustamenti necessari, ma ha anche ridotto la spesa più importante, quella sullemarginazione sociale, e ha rimosso gli obiettivi di contrasto allevasione. Tutti i governi hanno sbandierato stime iperboliche degli effetti positivi del Pnrr, senza alcun fondamento nella realtà. Nessun governo si è posto il problema di come finanziare la gestione futura degli investimenti. Oggi sappiamo che il Pnrr è in forte ritardo, ma questo non è il problema principale. Il Pnrr ha un vizio dorigine: troppi soldi, troppa pressione per spenderli a prescindere, troppo poco tempo per spenderli bene. Stanzia cifre assurdamente alte su spese inutili o deleterie ma facili come il Superbonus o alla moda come il digitale nelle scuole primarie mentre trascura spese necessarie per la nostra società, a partire da quelle per offrire opportunità ai giovani delle periferie urbane. Quasi tutte le maggiori riforme epocali, da cui secondo i governi dipendeva il successo del Piano, sono ferme al palo, e molte sono state abbandonate prima di partire. Cosa si può fare a questo punto? Prendere atto della realtà anziché nascondersi dietro a un dito: rivedere i piani rendendoli più realistici, e forse anche riflettere sullopportunità di rinunciare a parte dei fondi presi a prestito. Questo non vuol dire rinunciare a essere ambiziosi, solo rinunciare a essere superficiali.