In un mondo dove luomo crede di avere in mano il suo destino, corriamo un grande rischio: non ammettere che il filo rosso dellesistenza si possa indebolire e spezzare e non comprendere gli aspetti positivi di ogni trasformazione a partire dalla bellezza di invecchiare. Vittorino Andreoli ci racconta la vecchiaia come capitolo originale dellesistenza e non come unetà «malata». Chi ha «danzato a lungo col tempo» ha maggiore capacità di sperimentare la gioia e considerare il piacere. Talvolta è sufficiente un sorriso, un nipote che si mostra interessato ad ascoltare, laffiorare di un sentimento puro. Il piacere si lega alla tenerezza, a una nuova intimità, alla lentezza di un gioco che impegna tutto il corpo e che si fa sempre più creativo, slegato comè dai modelli prestazionali della cosiddetta «vita attiva». Siamo passati dalle generazioni biologiche a quelle psicologiche e, infine, a quelle digitali, che hanno ribaltato i rapporti tra giovani e vecchi, mettendo in crisi lidea di saggezza e di autorevolezza. Ma è solo recuperando il ruolo cruciale dellultima età che possiamo iniziare a riparare la società in cui viviamo, sostituendo ai concetti meccanici di salute e malattia una nuova dimensione del «bendessere».