Vite che non sono la mia

Vite che non sono la mia Emmanuel Carrère


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Vite che non sono la mia





«Da sei mesi a questa parte, ogni giorno, di mia spontanea volontà, passo alcune ore davanti al computer a scrivere di ciò che mi fa più paura di qualsiasi altra cosa: la morte di un figlio per i suoi genitori, quella di una giovane donna per i suoi figli e suo marito. La vita mi ha reso testimone di queste due sciagure, luna dopo laltra, e mi ha assegnato il compito, o almeno io ho capito così, di raccontarle...». Il caso ha voluto infatti che Emmanuel Carrère fosse in vacanza nello Sri Lanka quando lo tsunami ha devastato le coste del Pacifico, e che si trovasse ad sostenere una coppia di connazionali nelle strazianti incombenze burocratiche per rimpatriare il corpo della figlia di quattro anni; e che, solo pochi mesi dopo, gli accadesse di seguire unaltra vicenda dolorosa, quella che avrebbe portato alla morte per cancro la sorella della sua compagna, che era stata «un grande giudice», strenuamente impegnato al fianco delle vittime del sovraindebitamento. Cè un solo modo per ricevere il dolore degli altri, ci dice Carrère: dargli voce, farlo diventare il proprio dolore. Ed è questo è il compito che si è assunto come romanziere, riuscendo a scrivere senza mai cadere nellenfasi, ma mettendo a fuoco con la precisione ossessiva di un reporter ogni minimo particolare il suo libro più lacerante e temerario.

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João gregorio
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11/05/2021 11:13:49

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